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I big-data stanno già cambiando le sorti di numerosi business. I campi di azione dei dati, del machine-learning sono tantissimi. Qui te ne sveliamo alcuni.

Ogni volta che si esegue una ricerca su Google, si esegue la scansione del passaporto, si fa un acquisto online, si sta lasciando una scia di dati dietro di noi che possono essere analizzati e come nel caso dei grandi player del web, monetizzati (advertising on line).

Dobbiamo soffermarci su una importante riflessione che ci fa penetrare nel profondo di ciò che ci sta accadendo e che ci coinvolge in quanto umani. Quando l’umanità passo dall’epoca della oralità a quella della scrittura (dai geroglifici egiziani, alla scrittura cuneiforme dei sumeri, fino all’invenzione dell’alfabeto ad opera dei fenici, poi perfezionata dai greci), l’uomo divenne padrone del linguaggio. Il testo era nostro, restava immobile, a disposizione dei possibili processi interpretativi, nell’intimità individuale.

Lo scenario attuale: tra liquidità, interconnessione e big player

Ora, con le tecnologie digitali come i social media, il testo è in movimento, non più trattenibile, ci scivola via tra le mani come un liquido, è a disposizione di altri. Si parla di “inconscio digitale” (de Kerckhove), un inconscio che non è quello studiato dalla psicoanalisi (Freud, Jung), quello che vive nella nostra mente per intenderci, ma quello che è fuori dalla nostra mente, depositato in qualche data base, a disposizione di chi ha le competenze e le tecnologie per dargli un senso commerciale, monetizzarlo (Google, Facebook, Amazon, etc.).

Una riflessione: perché lasciare a questi player il dominio su questi dati che generosamente e inconsapevolmente regaliamo loro? Oggi le aziende possono pensare di riappropriarsi di questi dati per procedere alla loro analisi secondo le logiche e le metriche utili al loro business, non quelle di altre che ovviamente usano questo patrimonio informativo e i loro algoritmi per vendere i loro spazi sul web.

Infatti, grazie ai super-computer e i potenti algoritmi, possiamo dare un senso ad un enorme quantità di dati in tempo reale. I computer sanno già prendere decisioni sulla base di queste informazioni, oltre che aiutarci nelle analisi predittive.

Negli ultimi periodi sono emerse notizie che ci danno il senso di queste capacità: una nota assicurazione giapponese licenzia diversi impiegati, dando di fatto fiducia alla capacità prescrittiva di IBM Watson, sistema in grado di definire in pochi attimi il rischio assicurativo di un contratto in relazione al profilo di un dato cliente.

Non è infatti casuale che una nota banca di investimenti americana abbia nominato uno specialista informatico di algoritmica finanziaria a nomina a  direttore finanziario di  , e non come sarebbe tradizione di una persona di estrazione economico-finanziaria.

L’intelligenza artificiale nel settore fintech

Analisi predittive (cosa potrebbe succedere secondo diversi gradi di probabilità), machine learning (sistemi che imparano man a mano che si arricchiscono di informazioni di qualsiasi natura e fonte), indicazioni prescrittive (compra quel titolo azionario, vendilo subito, evita di formalizzare la polizza in quanto è rischiosa per la compagnia, etc.), rappresentano le possibili funzionalità che le tecnologie analitiche possono offrirci per raccogliere informazioni, capirle e decidere.

Ricordo ancora che queste tecnologie hanno, più dell’uomo, maggior velocità operativa e maggior capacità d’immagazzinamento di informazioni. Questo significa che insieme alle capacità di calcolo e di memoria queste diavolerie dispongono anche di capacità semi-semantica, cioè di capire le correlazioni tra i dati nei diversi contesti di significato: |agnelli| potrebbe essere il sostantivo plurale di un animale, ma anche il cognome di una importante famiglia che ha fondato una nota casa automobilistica. Cosa ne permette la discriminante: la capacità di interpretare semanticamente il contesto (una frase durante un dialogo vocale, un post, perfino una immagine).

«La machine learning: campo di studi che attribuisce ai computer la capacità di apprendere senza la necessità di una esplicita programmazione».

Samuel, 1959

La crescente maturità dei concetti di big data e machine learning mette in evidenza le differenze con la tradizionale reportistica (analisi delle vendite, analisi dei movimenti di magazzino, analisi degli acquisti, etc.), in materia di dati e del loro utilizzo. La reportistica utilizza la statistica descrittiva con dati ad alta densità di informazione (pre-costruita nei data wharehouse) per misurare “fatti” (il venduto di un prodotto per canale di vendita per singolo paese), confrontare “fatti” nelle diverse dimensioni di analisi (prodotti, canali, etc.) o tra diversi periodi (i costi di prodotto nei diversi anni), etc. Cioè utilizza dataset limitati, dati “puliti” e modelli di analisi pre-costruiti a monte rispetto il momento di popolare di informazioni un report o un dashboard.

 

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Come funzionano i big data?

I big data e la machine learning utilizzano invece la statistica basata su matematiche non lineari, per dedurre “leggi” (non sempre pre-definite) da grandi ed eterogenei insiemi di dati, per rivelare le correlazioni nascoste tra i dati, le possibili dipendenze: se parafrasassimo la logica aristotelica potremmo dire che siamo nel campo del sillogismo induttivo (iniziando dal “fatto” – premessa minore – si cerca di scoprire tra le “leggi” disponibili, la “legge” che lo spieghi – conclusione del ragionamento) o perfino – forse un domani (?) – nella abduzione (quando non si dispone di “leggi” a priori che possono spiegare il “fatto”, quindi sono da scoprire).

In sostanza siamo, esagerando un poco, più nel campo della logica euristica (scoperta), che in quello della logica deterministica (correlazioni di causa-effetto determinate).

Dunque gli asset per gestire le infrastrutture dei big data (server, data base vettorializzati multi-nodo, applicazioni, apparati di sicurezza, etc.) non sono banali in termini di skill richiesti (sviluppatori software, data scientist, esperti di sicurezza informatica, etc.) e di presidio operativo.

Detto così parrebbe proprio che per le PMI questa intelligenza sia un miraggio, visti gli asset richiesti per implementare in casa un sistema di big data. La buona notizia viene però dalle proposte dei big della tecnologia (IBM, Google, Amazon, Microsoft e tanti altri) che già offrono le loro piattaforme in cloud.

Indubbiamente i big data e la machine learning  trovano e sempre più troveranno campi di applicazione tra i più disparati settori, dal marketing (marketing cognitivo) per perfezionare on line promozioni commerciali puntuali assecondando e insinuandosi nella “customer journey” (singolarizzazione), all’assistenza “robotizzata” nei servizi di post-vendita (chatbot) in grado di simulare le conversazioni (in diverse lingue), alla fabbrica intelligente per disporre di analisi predittive e dunque per attivare manutenzioni preventive sugli utensili smart, riducendo i costi dovuti a imprevisti fermi macchina.

Non finisce qui.  Questa tecnologia trova spazio anche nei settori energetici, nel settore assicurativo (se la scatola nera installata nell’auto di un cliente ci dice che questo cliente macina la maggior parte dei chilometri in grandi e trafficate città considerate pericolose, molto probabilmente il rischio assicurativo sarà maggiore rispetto a quello di un cliente che utilizza l’auto in una tranquilla cittadina di provincia), nella Pubblica Amministrazione (come tutti ci auspichiamo), nel settore sanitario.

Big-data e machine-learning nel marketing

Nel marketing queste tecnologie permetteranno anche di prevedere (predictive analysis) le dinamiche della domanda, ma attenzione: dobbiamo evitare di cadere nel tranello di basarsi solo sul comportamento dei clienti come fosse uno specchio fedele della propensione d’acquisto. Non è detto che le persone faranno domani esattamente quello che hanno fatto fino ad oggi. Henry Ford (co-fondatore della nota casa automobilistica) disse una volta: «Se avessi chiesto alla gente cosa preferivano o cosa si aspettavano, mi avrebbero risposto, un cavallo più veloce».

Cosa voglio dire con questo avvertimento? Che la potenzialità di queste sofisticate tecnologie d’analisi possono andare oltre il dato “consuntivo”, per darci invece evidenza di uno o più modelli predittivi, a volte persino contro-intuitivi, che ci invitano a fare innovazione di prodotto, o a fare nuove riconfigurazioni di prodotto, oppure a modificare alcune logiche di un servizio di post-vendita, per generare nuovi livelli di fitness dell’offerta sia con i clienti a parco e sia, e a maggior valore, verso nuovi clienti.

Il machine-learning nel B2B

Ad esempio nel B2B aiutare l’account manager ad anticipare e perfezionare un’offerta, saputo (dai rumors, dai social, dal web o da altre fonti digitali e non, informazioni memorizzate tempestivamente nel proprio sistema di big data) che l’azienda cliente che segue è dentro un processo di fusione, o d’acquisizione, o di internazionalizzazione, o di partnership con altre importanti realtà, eccetera. O viceversa l’account manager potrà prendere atto di un potenziale rischio commerciale e finanziario, saputo che il proprio cliente è incappato in una pericolosa disputa legale o fiscale. Oppure ancora che il business di questo cliente (immaginiamo produttore di macchine per preparare gustosi gelati) potrà subire un danno in virtù del fatto che i dati metereologici (anch’essi memorizzati) prevedono che nei paesi di sbocco vi sarà un prolungato periodo di piogge e freddo.

La maturazione e l’evoluzione dei big data e della machine learning comporterà anche un salto paradigmatico della business intelligence: se fino ad ora i sistemi di analisi riguardavano di fatto l’osservazione di ciò che già è avvenuto (come sono andate le performance), la “business intelligence del giorno prima”, come mi piace definirla, ora la business intelligence, grazie alle funzioni dei big data e della machine learning, sarà a supporto pro-attivo delle stesse performance (di produzione, di vendita, di logistica, etc.), durante il loro  svolgimento operativo e alla anticipazione di ciò che potrebbe succedere. Non decidere domani ciò che puoi decidere oggi.

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